L’eventuale liquidazione mensile del rateo di TFR al lavoratore fa venir meno allo stesso la natura di retribuzione differita con conseguente assoggettamento della somma erogata alla ordinaria contribuzione INPS. È quando chiarito dall’INL con la nota la nota n. 616 del 2025. Inoltre, secondo l’Istituto, qualora si dovessero accertare situazioni di anticipo mensile del TFR maturato il personale ispettivo dovrà intimare al datore di lavoro di accantonare le quote di TFR illegittimamente anticipate attraverso l’adozione del provvedimento di disposizione.
Il TFR costituisce un accantonamento in denaro operato mensilmente dal datore di lavoro, per conto del lavoratore, allo scopo di assicurargli un supporto economico al termine del rapporto.
L’istituto è disciplinato dall’art. 2120 c.c., il quale individua non solo i criteri di calcolo del trattamento, rivalutazione, periodi di maturazione utili in caso di assenza dal lavoro ma anche le condizioni al verificarsi delle quali è possibile, su richiesta del lavoratore, riconoscere un anticipo delle somme maturate.
Succede però spesso che per prassi o scelta del datore di lavoro il rateo di TFR maturato mensilmente venga erogato con le competenze ordinarie: su tale aspetto l’INL con la nota n. 616/2025 ha chiarito che l’eventuale liquidazione mensile del rateo di TFR al lavoratore fa venir meno allo stesso la natura di retribuzione differita con conseguente assoggettamento della somma erogata alla ordinaria contribuzione INPS.
Il concetto di TFR
Il TFR rappresenta una forma di retribuzione differita, da distinguersi quindi dalla retribuzione corrente.
Nella retribuzione corrente rientrano tutte quelle somme la cui maturazione avviene nel periodo di paga e la cui corresponsione si verifica al termine del periodo di paga stesso.
Il concetto di retribuzione differita accoglie invece tutte quelle indennità e somme (tra cui le mensilità aggiuntive) la cui maturazione avviene nel periodo di paga mensile (ovvero, come nel TFR, nell’anno) e la cui corresponsione si verifica a fine anno o alla cessazione del rapporto di lavoro.
Il trattamento di fine rapporto costituisce una quota della retribuzione che i lavoratori dipendenti, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, percepiscono al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
Il diritto alla percezione sorge in tutti i casi di cessazione del rapporto di lavoro, sia esso dovuto a dimissioni, licenziamento per G.M.O., licenziamento per giusta causa ovvero per decesso.
Ai sensi dell’art. 2120 c.c., salvo diversa previsione del contratto collettivo, la retribuzione utile è costituita da tutte le somme dovute in dipendenza del rapporto di lavoro a titolo non occasionale, compreso l’equivalente delle prestazioni in natura, escluse le somme erogate a titolo di rimborso spese ed a titolo di liberalità ed alle somme corrisposte in via occasionale.
La retribuzione utile corrisponde a quella complessivamente dovuta nell’anno secondo il criterio di competenza e quindi è costituita da tutti i compensi maturati nell’anno anche se non erogati o erogati successivamente per qualsiasi ragione (es. stipendi non pagati, stipendi di dicembre pagati in gennaio).
La legge riconosce alla contrattazione collettiva la possibilità di regolamentare in modo diverso rispetto alla disciplina legale la nozione di retribuzione utile ai fini del calcolo del TFR.
Tale possibilità non incontra limiti particolari e pertanto i contratti collettivi possono prevedere il computo di ulteriori somme rispetto a quelle individuate dalla legge ma possono anche escluderne alcune.
La disciplina dell’anticipo del TFR
L’art. 2120 cc stabilisce il diritto per il lavoratore di richiedere in costanza di rapporto di lavoro un anticipo del TFR maturato. In particolare, la norma subordina il diritto, da esercitare una sola volta al rispetto delle seguenti condizioni:
- valore massimo che non può essere superiore al 70% del trattamento maturato alla data della richiesta;
- possesso di una anzianità di servizio minima che deve essere di almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro.
La norma inoltre subordina il diritto all’anticipo al verificarsi delle seguenti situazioni soggettive del lavoratore ovvero dalla necessità:
- sostenere eventuali spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;
- acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli.
Al di fuori delle ipotesi di cui sopra, viene riconosciuta alla contrattazione collettiva (di qualsiasi livello ovvero nazionale, territoriale o aziendale) e agli accordi individuali la possibilità di riconoscere anticipi del TFR come condizione di miglior favore per il lavoratore; contrattazione collettiva e patti individuali che non possono però prevedere l’erogazione automatica e sistematica della quota mensile nel cedolino paga da parte del lavoratore verrebbe a qualificarsi come maggiore retribuzione da assoggettare all’obbligazione contributiva.
La posizione dell’INL
Questa è la posizione ormai consolidata della giurisprudenza consolidata (Cass. Civ., sez. Lav., 22/02/2021, n. 4670) fatta propria anche dall’INL con la nota 616 del 3 aprile 2025.
La posizione INL trae origine da una richiesta di parere richiesta dall’Ispettorato d’area metropolitana di Milano che, per il tramite della Direzione interregionale del lavoro del Nord, ha richiesto la legittimità della prassi, riscontrata dal personale ispettivo, di anticipare mensilmente il TFR in busta paga qualora effettuato oltre il termine del regime sperimentale individuato dalla L. n. 190/2014 (QUIR).
Si ricorda infatti che la legge di Stabilità 2015 (legge n. 190/2014) aveva previsto la possibilità per i lavoratori del settore privato di richiedere al proprio datore di lavoro – nel periodo dal 1° marzo 2015 al 30 giugno 2018 – l’erogazione mensile, insieme allo stipendio della “Quota maturanda del trattamento di fine rapporto come parte integrativa della retribuzione” (QUIR) ovvero il TFR maturando in busta paga.
Secondo l’INL:
- l’ultimo comma dell’art. 2120 cc rimanda alla contrattazione collettiva o ai patti individuali l’introduzione di condizioni di miglior favore relative all’accoglimento delle richieste di anticipazione ma non alla possibilità di erogare lo stesso mensilmente con la conseguenza che in caso di liquidazione mensile del maturato, l’erogazione monetaria non può che qualificarsi quale maggiore retribuzione da assoggettare all’obbligazione contributiva;
- l’eventuale pattuizione collettiva o individuale può infatti avere ad oggetto una anticipazione dell’accantonamento maturato al momento della pattuizione e non un mero automatico trasferimento in busta paga del rateo mensile che diventerebbe una mera integrazione retributiva con conseguenti ricadute anche sul piano contributivo.
- l’eventuale erogazione del TFR maturato mensilmente contrasta infatti con la ratio dell’istituto che ha finalità di supportare economicamente il lavoratore al termine del rapporto di lavoro.
L’INL ricorda inoltre che dal 1° gennaio 2007, il datore di lavoro con almeno 50 dipendenti è obbligato al versamento della quota di TFR al Fondo Tesoreria INPS e che tale versamento assume la natura di contribuzione previdenziale, con la conseguenza che le quote di TFR versate al Fondo rispondono al regime di indisponibilità tipico della contribuzione previdenziale, ferme restando le ipotesi di pagamento anticipato del TFR nei casi e nei limiti normativamente previsti.
Sulla base delle considerazioni di cui sopra, l’INL conclude che, qualora si dovessero accertare situazioni di anticipo mensile del TFR maturato il personale ispettivo dovrà intimare al datore di lavoro di accantonare le quote di TFR illegittimamente anticipate attraverso l’adozione del provvedimento di disposizione di cui all’art. 14 del D.Lgs. n. 124 del 2004.
Un ulteriore aspetto e possibile criticità riguarda anche la questione “fiscale” del TFR.
L’art. 17 co. 1 del TUIR prevede l’applicazione dell’imposta separata al TFR di cui all’art. 2120 del codice civile; l’eventuale riconoscimento mensile del TFR maturato comporterebbe il venir meno del beneficio fiscale, con conseguente applicazione dell’imposta ordinaria per scaglioni di reddito; verrebbe infatti meno il concetto di somma collegata alla risoluzione del rapporto di lavoro configurandosi invece come ordinaria retribuzione percepita nel periodo d’imposta in relazione al rapporto di lavoro.
Fonte IPSOA.it